di Riccardo Pardini*

Quando, dopo la separazione, nella vita dei grandi arriva una nuova relazione amorosa: quali accortezze, quali tempi e quale approccio con i figli?

Che ne sanno i nostri figli dell’amore? Che ne sanno i bambini e gli adolescenti dell’amore?
Moltissimo, più di quanto immaginiamo. Ne sanno moltissimo a ogni età.

Certo, sanno cose differenti, diversamente articolate, ma accompagnate solidamente dai riferimenti preziosi che abitano la loro quotidianità: persone, oggetti, abitudini. A questo si aggiungono i colori tipici della fase evolutiva che stanno attraversando quando chiediamo loro di raccontarci dell’amore. Accade così di scoprire la solidità del sentimento che li lega a quello o quell’altro compagno di scuola; alla nonna; al cane dei vicini; al loro maestro di violino; alla maestra e alla tata. Ci mostrano quanto si sentano legati all’Altro, quanto decisivi siano gli affetti e quanta fatica si faccia quanto le persone amate si allontanano, si perdono, ci lasciano. Sopra ogni cosa, sanno che i genitori li amano e si amano. Nella loro fantasia dovrebbero amarsi per sempre. Appunto: dovrebbero. Sappiamo che questo non è uguale per ognuno di noi e capita che due genitori decidano di lasciarsi, logorati da un legame ormai critico e consumato.

È in quel momento che la legittima fantasia infantile del “vivranno felici e contenti” ci immobilizza.  Quando ci accorgiamo che, cambiando l’amore, quella fantasia infantile dovrà scontrarsi con la realtà della separazione, rovesciando su noi una pioggia battente d’emozioni accese. Il futuro si allontana paurosamente perché, come ho sentito raccontare spesso dalla voce autentica dei genitori con i quali lavoro in mediazione familiare, “il senso di colpa e di fallimento personale impediscono di guardare al futuro con fiducia e investimento”.

Dovremmo ricordarci allora quanto i bambini si spaventino di fronte ad un adulto che cede, che crolla e si ripiega su di sé, sgretolandosi sotto i colpi di una sofferenza continua, di un dolore costante o di quel rancore acuto che si autoalimenta senza interruzione. Dovremmo ricordarci quanta paura fanno ai bambini gli adulti accecati dal dolore, prigionieri della collera, furibondi per la perdita.

I bambini hanno semmai bisogno di adulti che le riconoscano quelle emozioni, e le attraversino senza indugiarvi più del necessario. Hanno bisogno di genitori che, un po’ alla volta e con impegno, si asciughino gli occhi recuperando la loro lucidità, guardando avanti a ciò che avrà da venire.

La separazione a un certo punto, riesce a sedimentarsi in un “indietro” che favorisce la possibilità di pensarsi nuovamente come persone degne di un legame. Il senso di colpa e di fallimento si assopiscono leniti dai giorni, dalle parole, dai pensieri maturati, lasciando più spazio alla possibilità di aprirsi al nuovo e ancora all’altro. Ed è così che, un po’ alla volta o improvvisamente, iniziamo ad accorgerci che l’amore, quell’amore che immaginavamo non ci riguardasse più, compare nuovamente nella nostra biografia. Ci innamoriamo di nuovo e comprendiamo che questo riguardi anche i nostri figli.

Li riguarda da vicino perché dell’amore i nostri figli “sanno moltissimo, più di quanto immaginiamo. Ne sanno moltissimo ad ogni età”. E la loro idea, la loro esperienza d’amore, a quel punto corre parallela alla nostra. Il nostro amore vive mentre vivono anche i loro. Prima di intrecciarle queste due esperienze, prima di condividerle e farle partecipare, dobbiamo fermarci a pensare.

Dobbiamo valutare quanto quel nostro amore sentiamo di poterlo declinare al futuro. Se così fosse, chiediamoci allora come costruire una certa gradualità che favorisca e racconti quel nuovo amore con parole oneste, semplici, adatte alle orecchie che le ascolteranno. Senza imposizioni o forzature, senza trabocchetti. Non dobbiamo prenderli in giro i bambini perché l’amore è per loro, come per noi, una cosa molto seria e va trattato con grande delicatezza. Se agiamo solamente rapiti dal ritrovato entusiasmo per una passione inattesa, per un gratificante e ritrovato senso dell’esser “in due”, per un impellente desiderio di “far famiglia” correndo troppo, il rischio è che qualcuno resti indietro sentendosi dimenticato, in affanno.

Dobbiamo muoverci con calma restando in ascolto, sforzandoci di vedere le cose con gli occhi dei figli, dalla loro prospettiva. Evitando fraintendimenti e nell’interesse di tutti, ma proprio tutti. Rispettando, ad esempio, i tempi e le accortezze utili ad evitare un nuovo deflagrare del conflitto, un rinnovato agitarsi d’emozioni roventi e incontenibili. Eventualmente, se necessario, anche procurandosi uno spazio e un sostegno attraverso il contatto con chi quel passaggio l’ha già sentito raccontare, l’ha accompagnato altre volte.

In fondo, pur nella separazione, possiamo consegnare ai nostri figli un messaggio prezioso: dicevamo il vero quando gli abbiamo detto che, nonostante tutto, i legami affettivi glieli avremmo garantiti.

I legami affettivi contano. Vecchi e nuovi.
Perché è soltanto quando arriva qualcosa di nuovo che ci accorgiamo quanto ciò che una volta era per noi futuro, oggi sia diventato presente e che il tempo trascorso ci ha spinto avanti. Ci ha fatto crescere.

 


* Riccardo Pardini, Pedagogista, Mediatore Familiare, Didatta e Formatore.
Professionista e Didatta Accreditato S.I.Me.F. (Società Italiana di Mediatori Familiari).

Supervisore e Referente Servizio di Mediazione Familiare CTIF Milano.